La canzone di Achille - Madeline Miller


 

Scheda

Titolo: La canzone di Achille
Autore: Madeline Miller
Editore: Marsilio Editori
Pubblicazione: 2013
Genere: Narrativa/Fantasy
Pagine: 386

Trama

Dimenticate Troia, gli scenari di guerra, i duelli, il sangue, la morte. Dimenticate la violenza e le stragi, la crudeltà e l’orrore. E seguite invece il cammino di due giovani, prima amici, poi amanti e infine anche compagni d’armi – due giovani splendidi per gioventù e bellezza, destinati a concludere la loro vita sulla pianura troiana e a rimanere uniti per sempre con le ceneri mischiate in una sola, preziosissima urna. Madeline Miller, studiosa e docente di antichità classica, rievoca la storia d’amore e di morte di Achille e Patroclo, piegando il ritmo solenne dell’epica alla ricostruzione di una vicenda che ha lasciato scarse ma inconfondibili tracce: un legame tra uomini spogliato da ogni morbosità e restituito alla naturalezza con cui i greci antichi riconobbero e accettarono l’omosessualità. Patroclo muore al posto di Achille, per Achille, e Achille non vuole più vivere senza Patroclo. Sulle mura di Troia si profilano due altissime ombre che oscurano l’ormai usurata vicenda di Elena e Paride.

Recensione

Sopra di noi, le stelle erano velate. Potevo sentire il peso dell’aria. Quella notte sarebbe arrivata una tempesta. La pioggia sarebbe caduta impetuosa, avrebbe riempito la terra fino a farla scoppiare. Sarebbe scesa dalle cime dei monti accumulando forza per spazzare via tutto ciò che avesse incontrato sulla sua strada: animali, case e uomini.
Lui è come quella tempesta, pensai.

Vorrei iniziare questa recensione con questa citazione, perché credo essa contenga in sé l’essenza di questo meraviglioso romanzo, che scatena una tempesta di sentimenti nell’animo del lettore. In un senso più “materiale”, la tempesta è la guerra di Troia, è l’indole dei soldati, la vita dei personaggi, l’amore tra Patroclo e Achille, e, quindi, l’omosessualità.

Quest’ultimo è forse il tema principale, e ci dà la possibilità di conoscere il mito sotto un altro punto di vista. La Miller si riconferma essere (per me che ho letto prima “Circe”), una scrittrice non scontata , capace di riportare alla luce la teoria meno accreditata del mito, ma quella più efficace, per creare una storia che arriva dritta al cuore. Caratteristica che si ritrova anche in Circe, e che porta la Miller ad entrare a far parte dei miei autori preferiti.

Contrariamente a quanto mi aspettavo, la narrazione procede seguendo il punto di vista di Patroclo, che nella mitologia è stato sempre coperto dalla luce di Achille, rendendo così il libro molto più particolare. Ciò mi ha dato la possibilità di conoscere meglio questo personaggio nella sua goffaggine, nel suo essere incapace di combattere, perché troppo buono nell’animo. Ma, anche se a volte si è rivelato piuttosto debole, non sono riuscita a non apprezzarlo, per la sua sensibilità e per il suo senso di giustizia.

Attraverso le sue parole e i suoi pensieri veniamo a conoscere Achille, splendente nella sua bellezza e nella sua agilità. Figlio della dea Teti, Achille non riesce a fuggire al suo destino di guerriero. Di una cosa, però, è certo: non vuole fuggire dal suo destino con Patroclo, l’unico che lo conosce nell’intimo, l’unico a cui mostra il suo vero io. Contro tutte le avversità, contro la volontà della madre che più volte tenta di separarli, contro chiunque tenti di fargli capire che un uomo dovrebbe stare con una donna, Achille non rinuncia al suo amore.

I due, certo, non potrebbero essere più diversi. Eppure, proprio perché tali, si completano a vicenda.

Achille mi stava guardando, gli occhi profondi come la terra.
“Verrai con me?” chiese.
Il tormento infinito dell’amore e del dolore. Forse in un’altra vita, avrei potuto rifiutare, avrei urlato strappandomi i capelli, lo avrei lasciato solo ad affrontare la sua scelta. Ma non in questa. In questa sarei salpato per Troia e lo avrei seguito, persino nella morte.
“Sì” sussurrai. “Sì”.

A questo punto, sento di poter essere d’accordo con coloro che dicono che questo romanzo è un canto all’amore, quello puro, che nasce sin dall’infanzia, quando avviene il primo incontro tra i due amanti, arrivando poi alla loro vita nel palazzo del re di Ftia, passando per l’adolescenza, gli addestramenti, il primo bacio, la nascita di un sentimento forte, la guerra, per approdare, infine, nell’Ade.

Un amore che dura tutta la vita, e anche oltre.

Nell’oscurità, due ombre si avvicinano attraverso il crepuscolo fitto e senza speranza. Le loro mani s’incontrano e la luce si riversa inondando ogni cosa, come centro urne d’oro che, aperte, fanno uscire il sole.

E leggendo una frase come questa, non si può che rimanere stregati dalla magia della penna della Miller.

Gli ultimi capitoli sono stati i più commoventi, e non nascondo di aver pianto, in particolare in un momento ben preciso: quando Achille vede il corpo di Patroclo, ormai morto.

Achille non vede altro che il tessuto macchiato di sangue. Con un ruggito, spinge via Antiloco, atterra Menelao. Poi si getta sul corpo. La consapevolezza sale violenta in lui, soffocandogli il respiro. Un urlo, che lacera ogni cosa che trova sulla sua strada per uscire. E poi un altro, e un altro. Achille si afferra i capelli con le mani e se li strappa dal cranio. Ciocche dorate cadono sul corpo insanguinato. Patroclo, dice, Patroclo. Patroclo. Ancora e ancora, e alla fine il nome diventa soltanto suono.

In questo punto preciso credo che la Miller si sia superata, riuscendo a trasmettere tutto il dolore e la disperazione che si possono provare alla morte della persona amata.

Un romanzo struggente, intenso, e a volte anche piuttosto crudo – perché, insomma, si tratta pur sempre della guerra di Troia! Un libro che ti entra dentro, uno di quelli che non si scorderà facilmente e che si vorrà sempre e volentieri rileggere.

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